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"Fino all'osso": un film per capire meglio i disturbi alimentari

  • Immagine del redattore: manuelacapolongo
    manuelacapolongo
  • 22 set 2020
  • Tempo di lettura: 3 min

Il tema dei disturbi alimentari è molto diffuso e se ne parla tantissimo in svariati contesti: nelle scuole, in serate informative e di sensibilizzazione, in televisione vengono proposti approfondimenti e speciali dedicati all'argomento, esistono numerose associazioni che organizzano eventi e progetti per far conoscere questa problematica a più persone possibili.

Come accade spesso, il cinema e la psicologia si incontrano, offrendo l'opportunità di conoscere meglio e approfondire alcuni temi psicologici, attraverso una modalità coinvolgente ed emotivamente intensa come quella dei film.


Volevo infatti segnalarvi il film "Fino all'osso" di Marti Noxon, che potete trovare anche su Netflix: la trama è incentrata sulla storia di Ellen (Lily Collins), una ragazza di vent'anni che soffre di anoressia nervosa praticamente da sempre e, dopo molteplici tentativi terapaeutici, viene inserita in una casa di cura con altre sette persone che soffrono di disturbi dell'alimentazione (sei ragazze e un ragazzo), guidati dal dottor Beckham (Keanu Reeves).

Ecco la prima nota interessante del film: il disturbo alimentare è presentato nei suoi diversi aspetti grazie alla presentazione degli altri ospiti della casa. Ognuno ha diverse modalità di manifestare il proprio disturbo e ognuno mette in atto dei comportamenti rituali e di controllo tipici: condotte di eliminazione (il vomitare per esempio), svolgere ossessivamente attività fisica, spezzettare il cibo in più parti durante il momento dei pasti, masticare il cibo e poi sputarlo, sono solo alcuni esempi.

Interessante è anche l'aver inserito nel gruppo dei pazienti un ragazzo: solitamente si pensa ai disturbi alimentari come un problema tipicamente femminile, anche se la percentuale di maschi che ne soffrono non è così bassa come si immagina.


In questo gruppo sfaccettato però il personaggio su cui si focalizza la totalità dell'attenzione è Ellen, di cui sono mostrati con realismo i sintomi e i comportamenti disfunzionali legati alla sua anoressia: si sottopone a lunghissime ed estenuanti sedute di addominali, si misura frequentemente con la mano la circonferenza del suo braccio, è attenta esageratamente al conteggio delle calorie e conosce alla perfezione le calorie contenute negli alimenti. Questi e altri comportamenti che vedrete nel film sono tutti tentativi di avere il controllo, in particolare il controllo sulle emozioni difficili da gestire per lei, sulla mancanza affettiva della famiglia e sulla sensazione di vuoto che la sta divorando. Nel film è chiaro come Ellen dovrà toccare il fondo per cominciare la risalita verso la guarigione.


Un altro aspetto interessante che emerge molto bene nel film è che l'anoressia, e gli altri disturbi dell'alimentazione, non sono una moda, il frutto del desiderio delle ragazze di voler assomigliare a modelle irraggiungibili o la ricerca della taglia perfetta. Non è infatti una questione estetica, ma l'espressione di un malessere psicologico molto più profondo; i protagonisti del film sembrano trovarsi in una trappola, ma sono loro stessi che contribuiscono a costruirla, tanto che la stessa Ellen afferma "non riesco a smettere".

Nel film è evidente come i personaggi lottano contro loro stessi per raggiungere ogni piccolo obiettivo e miglioramento.


Il film però lascia in secondo piano alcuni elementi a mio avviso importanti. Il primo grande aspetto che valeva la pena approfondire è la famiglia: è evidente la dinamica familiare che caratterizza la storia di Ellen, ma sarebbe stato interessante capire meglio la figura del padre, per esempio, il grande assente per Ellen. Anche il ruolo che la famiglia ricopre nel percorso di cura della ragazza sarebbe stato da sottolineare meglio: il dottor Beckam prova a coinvolgerli nel processo di cura, ma fallisce nel suo intento e decide di continuare senza il loro contributo. Nella realtà terapeutica il coinvolgimento della famiglia nel percorso è fondamentale per il successo o meno della terapia.


In conclusione "Fino all'osso" presenta diversi spunti di riflessione, utilizzando

uno stile molto realistico e diretto, tanto da sembrare a tratti un documentario. Può essere utile per andare oltre ai luoghi comuni legati all'anoressia e ai disturbi alimentari, per avvicinare le persone alle emozioni e alle difficoltà reali di chi soffre di questo disturbo.

E' sicuramente una visione consigliata a chi vuole conoscere meglio questo problematica, attraverso un film con pochissimi fronzoli: la stessa regista e l'attrice Lily Collins che interpreta Ellen hanno sofferto di disturbi alimentari e in questo modo provano, secondo me con successo, a trasmettere la loro esperienza e i loro vissuti.

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Dott.ssa Manuela Capolongo 

Studio di psicologia Ad Maiora

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